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La Suprema Corte (Pres. Ceccherini, Rel. Ferro) si è pronunciata su un caso di esdebitazione ex art. 142 l. fall., statuendo che, «in tema di procedimento di esdebitazione del fallito, così come la notifica della domanda e del decreto di fissazione dell’udienza avanti al tribunale [deve essere effettuata nei confronti di] tutti i creditori (destinati ad essere insoddisfatti, anche in parte), questi ultimi – in quanto litisconsorti necessari – non possono essere pretermessi nemmeno nella fase di eventuale reclamo, non potendo il relativo contraddittorio essere circoscritto a quelli di essi che si siano costituiti avanti al primo giudice, divenendo così la relativa omissione […] causa di nullità della pronuncia cui comunque metta capo la fase impugnatoria ciononostante condotta, conseguendone nel caso la cassazione, anche su rilievo d’ufficio, del decreto ed il rinvio al giudice del reclamo per l’integrazione del contraddittorio».

Nel caso di specie, era stata rigettata, sia in primo sia in secondo grado, la richiesta di esdebitazione avanzata dal ricorrente fallito, in quanto – ad avviso dei giudici di merito – non era risultato soddisfatto il requisito normativo (previsto dall’art. 142, comma 2, l. fall.) della soddisfazione, ancorché parziale, di tutti i creditori concorsuali. Il fallito ricorreva, quindi, in Cassazione, deducendo in particolare la violazione o falsa applicazione dell’art. 142 l. fall. «per avere la corte di merito errato ove ha respinto lapossibilità di accedere al beneficio dell’esdebitazione anche nel caso di omessasoddisfazione di tutti i creditori concorsuali, condizione non prescritta dalla norma».

I giudici di legittimità non si sono espressi nel merito, avendo constatato nel caso di specie un error in procedendo verificatosi in sede di reclamo: essi hanno rilevato, nel giudizio pendente innanzi alla Corte d’Appello, un difetto di integrazione del contraddittorio nei confronti dei creditori non integralmente soddisfatti, già chiamati – ma non costituitisi – in primo grado in quanto litisconsorti necessari. Questi ultimi, infatti, «sono – di fronte alla domanda originaria – e restano – nel corso del processo – nella condizione sostanziale di poter subire l’incidenza definitiva dell’eventuale pronuncia di esdebitazione […]: ciò per l’influenza diretta sul proprio diritto soggettivo di credito […], mirando la decisione domandata ad imporsi anche nei loro confronti ed in termini di definitiva ristrutturazione del relativo passivo». La decisione della Cassazione poggia il ragionamento su una pronuncia della Corte Costituzionale (sent. 181/2008), in base alla quale occorre ritenere che l’art. 143, comma 2, l. fall., non abbia portata esclusivamente “integrativa” del primo comma della medesima disposizione: «la norma […], dove individua […] i “creditori non integralmente soddisfatti” tra i legittimati al reclamo, opera ricognitivamente rispetto ad una facoltà ormai divenuta propria di un legittimo contraddittore necessario al processo».

Per questi motivi, secondo la Suprema Corte l’omessa integrazione del contraddittorio – in sede di reclamo – nei confronti di tutti i creditori non integralmente soddisfatti configura una causa di nullità della pronuncia di secondo grado, conseguendone la cassazione del decreto, «anche su rilievo d’ufficio», con rinvio alla Corte d’Appello.

 

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