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Decreto Salva casa: cosa rientra oggi nell’edilizia libera? Per le protezioni dal sole fatte di tende e pergolati c’è bisogno del permesso, della Cila o della SCIA?

Il nuovo decreto Salva casa (DL 69/2024) ha fatto rientrare nell’edilizia libera le opere di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici costituite da tende, tende da sole, tende da esterno e tende a pergola con telo retraibile. Ci si chiede pertanto se, alla luce di tale generica formulazione, e nonostante qualche passata sentenza che riteneva necessario il titolo edilizio, pergolati, tende e pergotende siano ora liberalizzati. Cerchiamo di fare il punto della situazione, esaminando gli orientamenti più recenti della giurisprudenza e delle novità normative.

La situazione anteriore al decreto Salva casa

L’art. 6 del d.P.R. n. 380/2011 si limitava a indicare, come edilizia libera, gli interventi aventi ad oggetto «gli elementi di arredo delle aree pertinenziali degli edifici», senza migliori precisazioni.

Pergotende e tende bioclimatiche venivano ricondotte a tale categoria anche facendo riferimento alle definizioni del Glossario dell’edilizia libera (adottato con decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 2 marzo 2018), che elenca come interventi realizzabili in regime di edilizia libera l’installazione, la riparazione, la sostituzione e il rinnovamento di pergolati di limitate dimensioni e non stabilmente infissi al suolo, nonché di tende, tende a pergola, pergotende e coperture leggere di arredo.

Tuttavia, tale meccanismo lasciava spazio a interpretazioni non univoche sia in relazione alle tende bioclimatiche, non espressamente menzionate nel Glossario, sia rispetto alle pergotende, per le quali detto glossario non individuava particolari caratteristiche costruttive (come, ad esempio, la necessità che le stesse non fossero infisse al suolo) o un limite dimensionale (previsto invece in modo generico e indefinito per i soli pergolati).

La giurisprudenza su tende, pergotende e pergolati

Tale incertezza normativa ha dato luogo a sentenze tra loro discordanti. A volte i pergolati sono stati considerati edilizia libera, altre volte invece i giudici hanno richiesto il preventivo rilascio di un titolo abilitativo dei lavori.

Alcune decisioni del Consiglio di Stato (sentenze n. 3393/2021 e n. 2743/2018), più favorevoli al cittadino, hanno di fatto liberalizzato i pergolati.

La prima Sezione del TAR Marche, con la sentenza n. 576 del 17 giugno 2024 interviene sul tema richiamando, forse per la prima volta, le norme del decreto “Salva casa”. Secondo tale pronuncia il «pergolato in legno chiuso su tutti i lati, avente una superficie di 112 mq, costituisce a tutti gli effetti una nuova costruzione, in quanto sviluppa una volumetria che va ad ampliare la capacità ricettiva del locale principale». Esso quindi necessita del permesso di costruire.

Ciò che ha influito sulla sentenza non è stata la tipologia dell’opera o le sue dimensioni, bensì il fatto che il pergolato fosse chiuso e pertanto capace di sviluppare volumetria.

Quanto ai pergolati più piccoli, totalmente aperti e coperti con teli ombreggianti leggeri, il Tar giunge ad una soluzione diametralmente opposta. Secondo il giudice amministrativo i pergolati aperti «su tutti i lati, non sviluppano volumetria e non posseggono le caratteristiche costruttive in presenza delle quali la giurisprudenza … ritiene necessario il titolo edilizio».

Quindi, se volessimo seguire questa interpretazione, potremmo stare tranquilli qualora volessimo realizzare il classico pergolato con una copertura leggera ombreggiante purché, ovviamente, i lati siano lasciati “liberi”.

Il decreto Salva casa ha liberalizzato i pergolati?

Il recente decreto-legge n. 69 del 29 maggio 2024 (c.d. Decreto Salva Casa) ha modificato le norme in materia di pergotende e tende bioclimatiche.

Innanzitutto è bene sottolineare che il Decreto continua a fare salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, nonché le altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia. Pertanto sarà sempre bene, in prima battuta, informarsi presso il proprio Comune per verificare se sussiste una disciplina particolare.

Per il resto, il Decreto include espressamente tra le attività di edilizia libera (cfr. art. 6, comma 1, lett. b-ter) «le opere di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici la cui struttura principale sia costituita da tende, tende da sole, tende da esterno, tende a pergola con telo retrattile anche impermeabile, tende a pergola con elementi di protezione solare mobili o regolabili, e che sia addossata o annessa agli immobili o alle unità immobiliari, anche con strutture fisse necessarie al sostegno e all’estensione dell’opera».

«In ogni caso, le opere in questione:

  • non possono determinare la creazione di uno spazio stabilmente chiuso, con conseguente variazione di volumi e di superfici;
  • devono avere caratteristiche tecnico-costruttive e profilo estetico tali da ridurre al minimo l’impatto visivo e l’ingombro apparente;
  • devono armonizzarsi alle preesistenti linee architettoniche».

Ulteriore ma non trascurabile vincolo posto dal legislatore è il seguente: la pergotenda e la tenda bioclimatica dovranno essere «

addossate o annesse agli immobili o alle unità immobiliari».

Dunque, la riforma mette il punto su un aspetto fondamentale: nel caso di installazione di pergotende e tende bioclimatiche non è necessaria – in linea generale – la presentazione della CILA o della SCIA o l’ottenimento del permesso di costruire.

La nuova disposizione supera poi ulteriori profili problematici. Infatti, alla luce delle modifiche introdotte, appare oggi chiara l’applicazione del regime dell’edilizia libera:

  • alle tende bioclimatiche, cui il Glossario non fa espresso riferimento e rispetto alle quali era stata anche affermata un’assimilazione alle tettoie da parte della giurisprudenza amministrativa (cfr. TAR Puglia, Bari, n. 1562/2022);
  • alle pergotende e alle tende bioclimatiche con strutture infisse al suolo, rispetto alle quali numerose pronunce dei giudici amministrativi avevano affermato la necessità che la struttura fosse «leggera, facilmente amovibile e priva di fondamenta» (cfr. Cons. Stato, n. 6193/2005; n. 19/2016; n. 4177/2018 e, di recente, Tar Lazio, Roma, n. 1117/2023)

Viene poi confermato l’orientamento giurisprudenziale (pressoché univoco) secondo cui le strutture in questione

non possono comportare la formazione di un’area permanentemente chiusa, con conseguente variazione dei volumi e delle superfici (cfr. TAR Campania – Salerno, n. 1807/2019).

L’intento del Legislatore è comunque quello di “liberalizzare” quel gruppo di manufatti, definiti come “pergolati”, “pergotende” e simili purché ricorrano tre condizioni concorrenti:

  • i manufatti devono essere aperti su tutti i lati;
  • non devono creare uno spazio stabilmente chiuso;
  • devono essere compatibili dal punto di vista estetico e architettonico con il contesto preesistente.

Quando i pergolati e le pergotende necessitano di titolo edilizio

Rimane salva la possibilità per gli strumenti urbanistici e i regolamenti edilizi comunali di specificare i confini entro cui gli interventi potranno essere realizzati in regime di edilizia libera. Di conseguenza, le singole amministrazioni locali potranno continuare a dettare una disciplina di dettaglio rispetto alle «caratteristiche tecnico-costruttive», nonché in relazione al «profilo estetico». La legge infatti si limita a chiarire che la struttura deve essere armonica rispetto alle preesistenti linee architettoniche e tale da «ridurre al minimo l’impatto visivo e l’ingombro apparente». Disciplina che potrà continuare ad essere differente da Comune a Comune.

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