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La Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 8201 del 27 aprile 2020 chiarisce entro quali limiti e a quali condizioni è possibile per il creditore aggredire i beni che costituiscono un fondo patrimoniale.

Mercoledi 20 Maggio 2020

Il caso: Un Istituto bancario sottoponeva a pignoramento la quota del 50% appartenente a B.E. di due immobili in comproprieta’ con il marito della stessa; quest’ultimo proponeva opposizione di terzo ex articolo 619 c.p.c., davanti al Tribunale e deducendo che i beni erano stati costituiti in fondo patrimoniale.

Il ricorrente, nel merito, rilevava che:

– il fondo patrimoniale era stato costituito con atto pubblico del 30 aprile 2008 da parte di entrambi i coniugi e che a quella data B.E. risultava fideiussore di un finanziamento erogato dalla Banca A. spa alla L.T. srl – di cui era amministratore unico;

– il pignoramento era inammissibile, trattandosi di beni sottratti a quella procedura ex articolo 170 c.c.,

Di contro, la banca creditrice, costituitasi, contestava il fondamento della domanda allegando che l’ attivita’ imprenditoriale di B.E., nel cui ambito era stato contratto il debito, non era estranea ai bisogni della famiglia, per cui non era applicabile la disciplina dell’art. 170 c.c.

Il Tribunale rigettava il ricorso, sull’assunto che era ragionevole ritenere che B.E. ritraesse dall’attivita’ imprenditoriale, nel cui ambito il debito era stato contratto, proventi destinati anche alle necessita’ della famiglia; la Corte territoriale, al contrario, accoglieva il gravame, sull’assunto che:

  • vi era documentazione in atti, che dimostrava che il finanziamento ottenuto dalla L.T. srl e garantito con la fideiussione, era stato interamente speso dalla societa’ per l’acquisto di beni strumentali e la banca aveva effettuato il pagamento della somma direttamente alla societa’ fornitrice;

  • il finanziamento era stato destinato all’attivita’ d’impresa e non a soddisfare esigenze familiari, se non in via assai mediata; ricorreva quindi l’ipotesi di esclusione di cui all’art. 170 c.c

La Banca ricorre in Cassazione, deducendo che la Corte d’appello ha errato nel sancire l’impignorabilita’ degli immobili oggetto del fondo patrimoniale, in quanto:

– il debito era stato contratto per l’interesse della famiglia, in un’accezione non restrittiva, che ricomprende in tali bisogni anche quelle esigenze volte al pieno mantenimento ed all’armonico sviluppo della famiglia, nonche’ al potenziamento della sua capacita’ lavorativa, restando escluse solo le esigenze voluttuarie o caratterizzate da intenti meramente speculativi.

La Suprema Corte, nel rigettare l’impugnazione dell’istituto bancario, rileva che:

a) se il credito per cui si procede e’ solo indirettamente destinato alla soddisfazione delle esigenze familiari del debitore, rientrando nell’attivita’ professionale da cui quest’ultimo ricava il reddito occorrente per il mantenimento della famiglia, non e’ consentita, ai sensi dell’articolo 170 c.c., la sua soddisfazione sui beni costituiti in fondo patrimoniale;

b) la giurisprudenza di questa Corte richiamata nel ricorso dell’istituto bancario (Cass. n. 4011/13, 5385/13, 5684/06) si limita ad affermare la necessita’ di una interpretazione non restrittiva delle esigenze familiari, da non ridurre ai soli bisogni essenziali della famiglia, ma non si spinge certo sino a sostenere la tesi della ricorrente.

Allegato:

Cassazione civile ordinanza n.8201/2020

 

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