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Il crimine organizzato affligge solo l’economia del Sud? Secondo uno studio che fa affidamento sulla domanda di denaro contante per i pagamenti, una buona percentuale di affari criminali si conclude nel Centro-Nord. Nonostante i limiti dell’esercizio, i suoi risultati dovrebbero convincerci che l’economia criminale è una vera e propria questione nazionale. Forse i centri decisionali restano legati alle realtà meridionali, ma le attività criminali sembrano facilmente esportabili in altre realtà territoriali.

 

Le stime ufficiali mancano e dunque è opinione ancora largamente diffusa che il fenomeno del crimine organizzato, in termini di “peso” sull’economia, sia una questione soprattutto, se non esclusivamente, meridionale. Questa opinione è messa in discussione dai risultati di un lavoro recente condotto sulle province italiane per gli anni 2005-2008. (1)

SEGUI IL CONTANTE

A livello nazionale l’economia criminale raggiunge in media circa l’11 per cento del Pil (più di un terzo dell’intera economia sommersa, che include anche il sommerso fiscale), ma con differenze territoriali marcate e stabili per l’intero periodo (vedi tabella 1). In particolare,la media per le province del Centro-Nord arriva al 12,5 per cento, un valore più elevato del 7,3 per cento stimato per le province del Mezzogiorno. Particolarmente afflitte dal fenomeno criminale sembrano essere alcune province della Liguria, dell’Emilia, della Toscana, del Friuli e delle Marche.

Tabella 1. Valori medi del sommerso criminale in rapporto al Pil per macroarea geografica (anni 2005-2008)

  Centro-Nord Mezzogiorno Italia
2005 11,50% 7,20% 10,20%
2006 11,00% 6,30% 9,60%
2007 13,00% 7,40% 11,30%
2008 14,60% 8,20% 12,60%
Tutti gli anni 12,50% 7,30% 10,90%
Fonte: Ardizzi, Petraglia, Piacenza, Turati (2011)

 

Come si arriva a questo risultato? Sfruttando un metodo – il Currency Demand Approach (Cda) – utilizzato da anni a livello internazionale per la stima dell’evasione fiscale, la componente più “nota” dell’intera economia sommersa. Il Cda si basa su un’idea molto semplice: le transazioni di matrice criminale – come quelle del sommerso fiscale – non vengono regolate con assegni o bonifici bancari, ma attraverso il contante. Osservare la domanda di pagamenti in contanti può quindi fornire informazioni rilevanti sul sommerso criminale (e fiscale).
Il Cda prevede in particolare la stima di una equazione di domanda di circolante, misurato dal flusso di contante prelevato dai conti correnti bancari (rapportato al totale dei pagamenti regolati con strumenti diversi dal contante). Tra le determinanti dei prelievi, accanto a diverse variabili strutturali che stimano il contante utilizzato per scambi regolari e a variabili che cercano di cogliere il sommerso di origine fiscale, si considera anche un indicatore di criminalità, che ha l’obiettivo di catturare la domanda di pagamenti in contanti connessa ad attività illegali. L’indicatore utilizzato nell’esercizio è la quota dei delitti connessi alla violazione della normativa sugli stupefacenti e sullo sfruttamento e sul favoreggiamento della prostituzione sul totale dei delitti denunciati dalle forze di polizia all’autorità giudiziaria. (2)La stima della domanda di circolante riconducibile ad attività illegali così ottenuta viene poi impiegata per calcolare l’incidenza dell’economia criminale sul Pil di ciascuna provincia. Le medie per macro-aree sono i risultati presentati nella tabella 1. (3)
Droga e prostituzione
offrono una spiegazione al risultato, solo apparentemente sorprendente, del maggior peso del crimine al Centro-Nord. La maggioreincidenza stimata dell’impiego di contante per specifiche transazioni illegali per queste province supporta la tesi secondo cui, pur avendo “centri decisionali” localizzati in prevalenza al Sud, per questi “beni e servizi” la criminalità organizzata riesce a esportare le proprie attività nei più ricchi “mercati al dettaglio” delle province del Centro-Nord, là dove trova domanda pagante. (4)
Queste variabili spiegano anche i limiti dell’esercizio. Non si riesce, per esempio, a quantificare il “peso” di attività potenzialmente molto deleterie per l’economia legale come le estorsioni, per le quali si registra una maggior incidenza nelle regioni meridionali, che in parte potrebbe spiegarne il ritardo in termini di sviluppo rispetto al resto del paese. (5) Né si può quantificare il valore aggiunto dell’imprenditoria mafiosa, legato per esempio agli appalti pubblici, visto che il flusso di risorse, in questo caso, è ragionevolmente slegato dall’impiego di contante nelle transazioni e rientra nel perimetro delle attività legali “gestite” dalle organizzazioni criminali.
Nonostante i limiti, i risultati dell’esercizio dovrebbero comunque richiamare nuovamente l’attenzione dei policy maker sulla rilevanza dell’economia criminale come vera e propria “questione nazionale”. Forse i “centri decisionali” restano legati alle realtà meridionali, ma le attività criminali sembrano facilmente esportabili in altre realtà territoriali, soprattutto se caratterizzate da disponibilità economiche che consentono “buoni affari”.

 

* Gli autori sono gli unici responsabili delle opinioni espresse, che non coinvolgono in alcun modo le rispettive Istituzioni di appartenenza.

(1) Ardizzi G., Petraglia C., Piacenza M., Turati G. (2011) “L’economia sommersa fra evasione e crimine: una rivisitazione del Currency Demand Approach con una applicazione al contesto italiano”, Working Paper Econpubblica n. 155, Università Bocconi, Milano.
(2) Il criterio che ha guidato la scelta della tipologia di reati è stato quello di focalizzare l’attenzione sulle attività criminali per le quali – in accordo con la definizione di “economia criminale” elaborata in Oecd (2002), “Measuring the Non-Observed Economy: A Handbook”, Parigi – esiste una transazione “di mercato” con un mutuo consenso tra venditore e acquirente, quindi un pagamento presumibilmente in contanti. Per maggiori dettagli sulle variabili strutturali e sulle variabili legate al sommerso fiscale si veda il nostro lavoro.
(3) Per quanto riguarda l’incidenza della componente fiscale dell’economia sommersa sul Pil si veda Ardizzi et al. (2011), cit.
(4) Si tratta di una spiegazione condivisa recentemente anche dalgovernatore della Banca d’Italia, che suggeriva come “le opportunità connesse con il maggior sviluppo economico e finanziario del Centro-Nord inevitabilmente attraggano l’interesse delle cosche” (Draghi M., 2011, “Le mafie a Milano e nel Nord: aspetti sociali ed economici”).
(5) Sulla base dei dati Istat, infatti, si registrano 8,8 denunce ogni 100 mila abitanti al Centro-Nord contro 15,5 nel Mezzogiorno, che salgono a 16,9 nelle quattro regioni dove la criminalità organizzata è di casa (Campania, Puglia, Calabria e Sicilia). Si tratta di differenze sostanziali, difficilmente spiegabili solo con una minor propensione alla denuncia nelle regioni del Centro-Nord. Sul problema dei costi economici imposti dalla criminalità organizzata alle economie del Mezzogiorno si veda il lavoro di P. Pinotti presentato e discusso nella recente relazione della Commissione Antimafia del febbraio 2011, nonché il lavoro di A. La Spina (a cura di) (2008), “I costi dell’illegalità. Mafia ed estorsioni in Sicilia”, Il Mulino.

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Gilberto Turati

turati Gilberto Turati è professore ordinario di Scienza delle Finanze presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, dove coordina la Laurea Magistrale in Management dei Servizi e il Master in Economia e Politica Sanitaria di ALTEMS/Coripe presso il Campus di Roma. É vicedirettore dell’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e membro del Comitato Direttivo della Società Italiana di Economia Pubblica (Siep). Fa parte della redazione de lavoce.info, del comitato di redazione di “Politica Economica – Journal of Economic Policy” e del comitato di direzione del “Dizionario di dottrina sociale della Chiesa. Le cose nuove del XXI secolo”. È stato prima ricercatore, poi professore associato all’Università degli Studi di Torino. É stato membro del Board della European Public Choice Society (EPCS) per il term 2012-2015 e Presidente dell’Organismo Indipendente di Valutazione della Azienda Ospedaliera Ordine Mauriziano di Torino per il mandato 2019-2022.

Carmelo Petraglia

paliotta

Professore associato (abilitato come professore ordinario in Economia applicata, Economia politica e Politica economica) di Economia politica presso l’Università della Basilicata. Membro del comitato editoriale di Regional Economy e del comitato di redazione della Rivista Economica del Mezzogiorno, è tra i coordinatori del Rapporto annuale della SVIMEZ. È stato consigliere economico del Ministro per il Sud e la Coesione Territoriale. Il suo ultimo libro, pubblicato con Stefano Prezioso, è “Nord e Sud: divari economici e politiche pubbliche. Dall’euro alla pandemia” (Carocci, 2023)

 

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