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Con la sentenza n. 8617 del 27 febbraio 2024 la Sesta Sezione penale della Corte di Cassazione chiarisce che anche le azioni omissive possono integrare il reato di maltrattamenti in famiglia.

Il caso: la Corte di appello di Palermo, riformando la sentenza assolutoria resa nel giudizio abbreviato svoltosi in primo grado, condannava l’imputata Mevia per il reato di maltrattamenti in famiglia, commesso ai danni dei due figli minori.

I giudici di appello ritenevano  che il quadro complessivo risultante dalle dichiarazioni dei minori e, in parte, confermato anche dalle annotazioni di servizio redatte in occasione di due interventi delle forze dell’ordine presso l’abitazione dell’imputata, nonché dagli accertamenti svolti dai servizi sociali (cui era seguita la sospensione della potestà genitoriale), era dimostrativo della sussistenza del reato di maltrattamenti in famiglia.

I minori avevano infatti riferito “di essere frequentemente picchiati dalla madre, aggiungendo che spesso erano costretti a dormire nel pomeriggio, per poi seguirla nei bar durante il corso della serata, fino a tarda notte. Inoltre, si verificava anche che la madre, per effetto dell’abuso di alcolici, non era in grado di occuparsi dei minori, né della gestione della casa, al punto che i minori rimanevano sostanzialmente privi di assistenza e del tutto abbandonati a sé stessi”.

Mevia ricorre in Cassazione, lamentando che la Corte d’Appello aveva erroneamente ritenuto sussistente una condotta maltrattante, mentre l’istruttoria aveva fatto emergere un mero quadro di disagio familiare, nell’ambito del quale emergevano le difficolta dell’imputata, essenzialmente a causa della sua dipendenza dall’alcol, di occuparsi adeguatamente dei figli minori.

Per la Cassazione il ricorso è inammissibile: osserva che:

a)  si ritiene pienamente condivisibile la soluzione recepita dalla Corte di appello, secondo cui il reato di maltrattamenti in famiglia ben può essere commesso anche imponendo ai familiari – nel caso di specie i figli minori in tenera età – un regime di vita connotato non solo dal frequente ricorso a violenze fisiche, ma più in generale improntato a un generale degrado nell’accudimento;

b)  il reato di maltrattamenti può essere commesso anche in forma omissiva, lì dove il genitore non provveda ad assicurare al minore, specie se in tenera età, tutte quelle condotte di cura, assistenza e protezione a fronte di esigenze cui il minore non può altrimenti provvedere;

c) il reato di maltrattamenti, presupponendo il dolo generico, non implica l’intenzione di sottoporre la vittima, in modo continuo e abituale, ad una serie di sofferenze fisiche e morali, ma solo la consapevolezza dell’agente di persistere in un’attività vessatoria;

d) la reiterazione nel ricorso alla violenza nei rapporti con i figli, nonché l’abituale deficit di accudimento emerso, sono elementi di per sé dimostrativi della reiterazione di condotte idonee ad integrare il reato di maltrattamenti in famiglia, sia sotto il profilo oggettivo che dell’elemento soggettivo del reato.

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