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di Nicola Bianchi

Era il giorno attesissimo di Alberto Rosa, il revisore dei conti di Ernst & Young, al processo sul crac dell’ex colosso della bioplastica Bio On. Meglio, della sua richiesta (da tempo finita al centro delle contestazioni delle parti civili) di poter patteggiare la pena a un anno e mezzo per manipolazione del mercato e bancarotta fraudolenta impropria, con riconoscimento delle attenuanti generiche prevalenti e sospensione condizionale. E a formalizzare il tutto, davanti al gip Maria Cristina Sarli chiamata a decidere il suo destino e quello di altri nove imputati accusati a vario titolo di manipolazione, bancarotta e falso, è stato l’avvocato Giovanni Domeniconi. Il quale ha ricordato come già due delibere della Consob, di gennaio e giugno, abbiano evidenziato che il revisore non avrebbe ricavato profitto dalle condotte poste in essere e nemmeno cagionato danni a terzi. Consob che, ha ripetuto il legale riferendosi anche al processo Parmalat, in quegli stessi atti escluderebbe dunque dolo e colpa grave del suo assistito.

La decisione sull’eventuale patteggiamento verrà presa il 25 luglio, giorno in cui è attesa anche l’arringa del professor Tommaso Guerini per l’imputato principale, l’ex presidente di Bio On Marco Astorri. “Il patteggiamento – hanno spiegato al termine dell’udienza preliminare alcuni avvocati dei circa mille azionisti – non contempla il risarcimento delle parti civili, qualora venisse accolto agiremo in altra sede”. Per l’avvocato Corrado Canafoglia, responsabile dell’ufficio legale dell’Unione Nazionale Consumatori, “se l’istanza del revisore fosse accettata, significherebbe fare passare un messaggio pericoloso di quasi impunità per chi è accusato di bancarotta”.

Con Alberto Rosa, ieri è stato il giorno tra gli altri di Vittorio Agostini (collegio sindacale), Gianni Lorenzoni (consigliere), Gianni Bendandi (revisore Pricewaterhouse) e Pasquale Bonpensiere (direttore finanziario) i quali, tramite i rispettivi avvocati, hanno ricordato come quattro dei nove fatti manipolativi relativi alle comunicazioni che vanno dal 21 aprile 2015 al 30 marzo 2017, sono “prescritti”, mentre i restanti cinque (dal 30 marzo 2018 al 30 settembre 2019) farebbero la stessa fine nel corso di un futuro dibattimento. Nel chiedere il proscioglimento, gli avvocati Trombini, Sirotti, Losengo e Merlini hanno ribadito ancora una volta l’inesistenza di dolo o colpa grave.

Si torna in aula venerdì con Guido Cicognani, vice di Astorri, Gianfranco Capodaglio, presidente del collegio sindacale, e Giuseppe Magni. Per tutti gli imputati il procuratore aggiunto Francesco Caleca e il sostituto Michele Martorelli nella penultima udienza avevano chiesto il rinvio a giudizio.

 

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