Nell’animato e variegato dibattito in corso sulla questione se vi sia anatocismo nei contratti di ammortamento “alla francese”, sembra a chi scrive che pronunciamenti come quello recente del Tribunale di Brindisi, sentenza n. 709/2021 (testo in calce), siano inutili allo scopo – da molti auspicato – di arrivare ad una verità condivisa. Inutili se non, addirittura, controproducenti, nella misura in cui diffondono affermazioni superficiali e/o tecnicamente errate (ne elenchiamo cinque), basate su quella che pare una insufficiente comprensione degli aspetti matematico-finanziari del problema ed a loro volta, temiamo, possibili cause di ulteriori fraintendimenti.
È doveroso precisare che (sutor, ne ultra crepidam!) non intendiamo affatto discutere di leggi o di interpretazioni giuridiche, ma solo richiamare chi ha il dovere di decidere alla sua responsabilità di fornirsi, per farlo, di informazioni di base adeguate.
Prima affermazione
A pag. 8 della sentenza si legge: È noto … che con l’ammortamento “alla francese” il mutuatario corrisponde alla banca gli interessi sugli interessi secondo un fenomeno anatocistico
Che il mutuatario “corrisponda alla banca gl’interessi sugl’interessi” non sappiamo se sia “noto”, ma certo non è vero: ad ogni scadenza egli paga tutti gl’interessi di competenza del periodo, e dunque essi non possono entrare nel calcolo degl’interessi per il periodo successivo. Se c’è un “fenomeno anatocistico”, esso è molto più riposto: giuristi e matematici, tra loro ed insieme, discutono da tempo se ve ne sia traccia, e di che rilevanza. Parlarne come di cosa ovvia e risaputa, sembra alquanto fuori luogo.
Seconda affermazione
Ancora a pag. 8: Risulta evidente che … l’adozione … del piano di ammortamento “alla francese” determina, indubbiamente, un tasso d’interesse effettivo superiore a quello indicato nel contratto; poco dopo: … per cui alla fine il tasso di interesse reale applicato risulta più elevato di quello stipulato.
Questa affermazione ripetuta, nella parte per la quale è vera, si basa forse sull’equivoco tra tasso corrispettivo, spesso presentato come tasso annuo nominale, e tasso effettivo (netto, o “globale” che sia). Si tratta comunque di un fenomeno che è sbagliato addebitare all’ammortamento alla francese, essendo esso comune a quasi tutte le tipologie in uso e, questo sì, ben noto anche a livello giurisprudenziale.
Terza affermazione
Più oltre (pag. 9), la censura cambia contenuto: non è più questione di un tasso effettivo superiore a quello convenuto, ma di un tasso indeterminato, e indeterminabile: È noto … che la previsione di un piano di ammortamento “alla francese” … determina un meccanismo anatocistico … che … rivela la non determinatezza e indeterminabilità dell’oggetto del contratto, ossia del costo dell’operazione e, nel caso di specie, del tasso effettivo.Che l’ammortamento alla francese determini “non determinatezza e indeterminabilità” del tasso effettivo è cosa “nota”, crediamo, solo all’estensore della sentenza: altri cultori della materia (tra i quali, il sottoscritto) gli sarebbero grati di venirne edotti.
Altro è invece, naturalmente, fare riferimento al fatto che il mutuo de quo era a tasso variabile: ma questa circostanza, che rende problematico il calcolo ex ante di quale sarà il tasso effettivo di costo del prestito, non ha niente a che fare con la procedura di ammortamento stabilita.
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Quarta affermazione
A pag. 8 si legge che la formula “alla francese” risulta sconveniente per il mutuatario che intenda estinguere anticipatamente il mutuo. Questo perché, riassumiamo, il rimborso procede inizialmente con lentezza.
L’obiezione non ha senso. Se sono in debito per 1.000 euro al 10%, a fine anno devo pagare 100 d’interessi. Se aggiungo una grossa quota in conto capitale, una futura eventuale estinzione anticipata mi costerebbe poco: ma solo perché ho pagato prima.
La formula “alla francese” presenta la particolarità, molto apprezzata dai percettori di un reddito fisso, di spalmare l’onere in parti uguali su tutta la durata dell’operazione. Se si vuole accelerare il rimborso, si sceglie un’altra formula: la quale non è detto affatto sia più conveniente.
Per ammortizzare 1.000 euro al 10% in tre anni, la rata “francese” annua necessaria è 402,12 euro. Alla fine del second’anno, restano da rimborsare 365,55 euro. Procedendo “all’italiana” ne restano invece 333,33. Confrontando queste due cifre, non va dimenticato che nel primo modo si sono pagati due volte 402,12 euro, nel secondo se ne sono pagati 433,33 e 400. Davvero il metodo francese è meno conveniente?
Quinta affermazione
Più oltre (pagg. 8-9): L’ammortamento alla francese consiste … in un sistema di pagamento che ribalta il principio in forza del quale gli interessi da pagare sono tanto maggiori quanto maggiore è il periodo temporale di disponibilità della somma mutuata, prevedendo, invece, che prima si pagano gli interessi e successivamente il capitale, per cui gli interessi diminuiscono e non aumentano nel tempo.
La lettura è quasi imbarazzante. Nell’ammortamento alla francese, come in quasi tutte le forme in uso, il debitore è chiamato a pagare periodicamente gl’interessi sul capitale ricevuto in prestito e ancora non rimborsato, e resta pacificamente vero che essi “sono tanto maggiori quanto maggiore è il periodo temporale di disponibilità della somma mutuata”. Non si osservano “ribaltamenti” di sorta.
Che “prima si paghino gl’interessi e poi il capitale” è caratteristica tipica di tutte le forme di rimborso progressivo, a cominciare da quella, elementare, dei prestiti bullet: il debitore paga solo interessi, e solo all’ultima scadenza provvede alla restituzione del capitale, in un’unica soluzione. Né tocca a chi scrive citare l’art. 1194 del codice civile.
Parlare di “interessi che diminuiscono e non aumentano nel tempo” vuol dire equivocare tra il fatto che gl’interessi dovuti l’ultimo anno sono calati rispetto a quelli dovuti il primo (ciò che dipende dal fatto che il debito è stato ormai quasi tutto rimborsato), e il fatto che gl’interessi dovuti per sei mesi sono più di quelli dovuti per tre, o per quattro.
La frase citata prosegue col dire che Il tutto concorre a determinare un tasso di interesse effettivo superiore a quello dichiarato nel contratto (ciò che abbiamo già commentato) e che In sostanza più si procede nel pagamento delle rate più aumenta il costo del mutuo (che non possiamo commentare, perché non comprendiamo).
TRIBUNALE BRINDISI, SENTENZA N. 709/2021 >> SCARICA IL TESTO PDF
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