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Con una recente sentenza, la Quinta Sezione della Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi in tema di bancarotta preferenziale, ha affermato il seguente principio di diritto: “il dolo della bancarotta preferenziale non è configurabile nel caso in cui il pagamento effettuato in favore del creditore o dei creditori soddisfatti sia volto, in via esclusiva o prevalente, alla salvaguardia della attività sociale o imprenditoriale ed il risultato di evitare il fallimento possa ritenersi più che ragionevolmente perseguibile ”.

Questa, in sintesi, la vicenda processuale.

La pronuncia in rassegna origina dall’impugnazione presentata dall’amministratore di una S.r.l., dichiarata fallita, avverso la pronuncia della Corte d’Appello di Milano con la quale veniva confermata la sentenza di condanna dell’imputato per l’ipotesi di reato di cui all’art. 216 comma 3 L.F. emessa in sede di giudizio abbreviato dal Giudice per le Indagini Preliminari di Pavia.

Nei motivi di ricorso, il ricorrente deduceva la violazione di legge per avere la Corte territoriale pretermesso di considerare che i pagamenti oggetto di contestazione fossero stati eseguiti al fine di salvaguardare le attività sociali, nonché un vizio di motivazione sulla prospettazione difensiva che aveva assunto come i censurati pagamenti fossero stati eseguiti non per finalità liquidatorie del patrimonio sociale ma allo scopo di consentire la prosecuzione dell’attività di impresa.

Orbene, la Suprema Corte, nel dichiarare l’inammissibilità del ricorso, ha, invero, ribadito un importante principio di carattere generale, che attribuisce primaria rilevanza, ai fini della valutazione della sussistenza (o meno) del reato di bancarotta preferenziale, alla componente soggettiva della condotta dell’autore, ossia la peculiare finalità cui l’imprenditore mirava attraverso le disposizioni patrimoniali ante fallimento.

In particolare, la Corte di Cassazione ha evidenziato come “ la bancarotta preferenziale, sul piano oggettivo, richieda la violazione della “par condicio creditorum” nella procedura fallimentare e, sul piano soggettivo, la ricorrenza della forma peculiare del dolo, costituito dalla volontà di recare un vantaggio al creditore (o ai creditori) soddisfatto, con l’accettazione dell’eventualità di un danno per altri, finalità che deve risultare primario interesse perseguito dal debitore”, sicché l’elemento soggettivo richiesto ai fini dell’integrazione del reato di cui all’art. 216 comma 3 L.F. è costituito dal dolo specifico, ravvisabile “ogni qualvolta l’atteggiamento psicologico del soggetto agente sia rivolto a favorire un creditore, riflettendosi contemporaneamente, anche secondo lo schema tipico del dolo eventuale, nel pregiudizio per altri”.

Ne consegue, come anche ricordato dagli stessi Ermellini, che la strategia di alleggerire la pressione dei creditori, in vista di un ragionevole presumibile riequilibrio finanziario e patrimoniale della società, risulta in toto incompatibile con il dolo necessario ai fini dell’integrazione della fattispecie di reato in disanima.

Ebbene, si tratta di una pronuncia molto interessante poiché dal ragionamento degli Ermellini si evince chiaramente quale sia il discrimen per la punibilità dei c.d. “ pagamenti a scopo di salvataggio ”. Da questo punto di vista, la Suprema Corte ha mostrato di condividere a pieno quell’orientamento giurisprudenziale che colloca al di fuori dello schema del dolo richiesto dall’art. 216 comma 3 L.F. quei pagamenti effettuati in un contesto di strategie aziendali volto a ristabilire l’equilibrio finanziario della società. Sicché, non necessariamente ogni pagamento in favore di uno o più creditori, che sia effettuato precedentemente al fallimento, è da ritenersi di per sé idoneo ad integrare l’ipotesi di reato di bancarotta preferenziale, dovendosi, piuttosto, riconoscere l’illiceità di tali pagamenti solo laddove gli stessi siano stati effettuati al precipuo scopo di avvantaggiare il singolo creditore.

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*A cura dell’Avv. Fabrizio Ventimiglia, Founder Studio Legale Ventimiglia, Presidente Centro Studi Borgogna, e dalla Dott.ssa Chiara Caputo

 

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