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Guerra, inflazione, scarsità di materie prime, aumento dei tassi d’interesse e prezzi dell’energia alle stelle. È lo scenario attuale in cui le imprese italiane operano, a cui si aggiungono gli strascichi di una pandemia da cui ereditano una quantità considerevole di debiti che ne prosciugano la liquidità. Una quota che si stima sia giunta a quota 11 miliardi di euro (nel triennio 2020-22), mettendo a rischio fallimento quasi 100mila imprese. La conferma arriva dall’analisi di Studio Temporary Manager condotta su un campione di imprenditori e manager, da cui emerge un ulteriore elemento di rischio per le aziende che hanno ottenuto prestiti in modo “semplice” durante la pandemia. Soprattutto per quelle non sufficientemente strutturate e non in grado pianificare correttamente i flussi di cassa in entrata e in uscita nel breve e medio periodo.

Il risultato

Quasi un quinto delle aziende che nel 2020-21 ha usufruito della moratoria mutui leasing, concessa durante la crisi pandemica, oggi non è più in grado di rimborsare puntualmente i debiti pregressi. E quasi un quarto di chi ha richiesto prestiti durante il Covid garantiti dallo Stato tramite il Mediocredito Centrale (MCC) e SACE (2020-2022), non è sicuro di riuscire a fare fronte alle rate nei prossimi mesi. Un dato importante considerando che l’importo delle garanzie prestate ammonta a circa 250 miliardi di euro.Denaro che ha sicuramente aiutato le imprese durante l’emergenza sanitaria a sopperire a problemi di liquidità derivanti dal calo di fatturato (per il 62% delle imprese), per effettuare investimenti nella produzione (44%) o per pagare gli stipendi dei dipendenti, ma che ha anche fatto emergere alcune criticità.

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Le difficoltà delle aziende

La scadenza delle moratorie, che era prevista a fine 2021, «ha costretto le aziende non solo a onorare il debito pregresso, ma anche al rimborso delle nuove rate contratte per avere liquidità (a debito) spesso in modo troppo semplice durante il Covid, impattando in modo rilevante sui flussi di cassa delle imprese e divenendo talvolta insostenibile — dichiara Roberto La Caria, Socio e ad di Studio Temporary Manager —. Inoltre, molti imprenditori che hanno contratto prestiti utilizzando la garanzia dello Stato, oggi hanno difficoltà a negoziare riduzioni del debito in quanto il ceto bancario è poco disponibile ad accettare eventuali proposte di stralcio. Questo perché la garanzia rende il debito “credito privilegiato”, ovvero lo Stato ha diritto al rimborso del 100% in caso di procedure concorsuali».

Gli istituti di credito, quindi, «non hanno interesse ad aderire a queste richieste, lasciando in una posizione scomoda l’imprenditore — prosegue La Caria —. Si riscontra invece maggior disponibilità a prorogare la durata per diminuire l’importo delle rate, generando così sempre maggiori oneri finanziari a carico delle aziende. È dunque necessario intervenire pianificando i flussi di cassa in entrata e in uscita sul breve termine, almeno sei mesi, e successivamente a 12 o 18 mesi per capire se si è in grado di sostenere il debito. Bisogna cercare di ridurre il fatturato “tossico”, che di fatto genera solo volumi, aumenta circolante, brucia cassa ma non dà più rendimenti».

 

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