Oggi si stima siano oltre 15 milioni le famiglie italiane che hanno almeno un debito a sofferenza. Il Covid-19 ha aggravato ulteriormente la già difficile situazione economica in cui vertevano gli italiani e ha messo definitivamente in ginocchio anche le famiglie che in epoca pre-pandemica riuscivano in qualche modo a “stare a galla”. Basti pensare che solo nel primo trimestre del 2021 le aste immobiliari sono state 44.720 e che il numero totale fino a fine anno sarà di gran lunga superiore e ben più preoccupante.
“Tra le categorie maggiormente colpite dal problema dei debiti – commenta Monica Pagano, dello studio Monica Pagano & Partners, con sede a Brescia e Milano – rientrano indubbiamente le partite Iva, i liberi professionisti che magari non hanno piena consapevolezza e grandi competenze in ambito di gestione economica della ditta individuale. È anche per questo che ogni giorno cerco di sottolineare l’importanza della guida di un esperto, perché non si incorra in errori che possono, perdoni il gioco di parole, “costare molto””.
Lei è specializzata in sovraindebitamento delle famiglie, si occupa anche di imprese famigliari? In che modo?
Sì, tra le varie tipologie di clienti con cui mi interfaccio quotidianamente, tante sono anche imprese famigliari. Parrà banale dirlo, ma spesso in questa tipologia di imprese si tende ad abbassare un po’ il livello di guardia su alcune cose e non bisognerebbe mai farlo. A volte mi ritrovo ad ascoltare clienti che raccontano di come in passato abbiano prestato garanzie fideiussorie a parenti all’interno dell’impresa e di come queste garanzie siano state l’inizio di un incubo.
Bisognerebbe sempre informarsi prima di apporre la propria firma su un documento. Il mio approccio è quello di studiare innanzitutto l’intera casistica e poi valutare la soluzione migliore da intraprendere a cominciare dalla possibilità di staccarsi dall’impresa famigliare e per finire, quando si tratta di sovraindebitamento, con la possibilità di accedere alle procedure previste dalla Legge 3 del 2012.
Come è arrivata fino qui? Qual è la sua storia professionale?
Sono sempre stata una studentessa piuttosto interessata e attenta. Durante tutto il periodo universitario, complice anche il mio innato spirito d’indipendenza, ho vissuto da sola e lavorato per mantenermi. Ciò, però, non mi ha precluso la possibilità di laurearmi in tempo, cosicché a seguito della laurea ho intrapreso la Scuola di Specializzazione biennale per le professioni legali e una volta conseguito il diploma, ho svolto anche la pratica forense che mi ha permesso di diventare un Avvocato iscritto all’Ordine di Milano. Però, fin dal principio ho scelto di lavorare in autonomia e di creare uno Studio Legale che fosse mio, è sempre stato un mio sogno e, benché non sia stato sempre facile, ho scelto di realizzarlo e ora non potrei esserne più felice.
Come è cambiata la sua professione negli ultimi anni?
La realtà forense è cambiata moltissimo negli ultimi anni e tale “rivoluzione” professionale ha condotto a nuovi metodi di approccio al lavoro, alcuni assolutamente positivi, altri decisamente meno. Se da un lato il Covid-19, il lockdown e la digitalizzazione degli atti hanno reso tutto più agevole attraverso l’utilizzo del telematico e la sua intrinseca celerità, dall’altro l’impoverimento globale legato alla crisi pandemica ha costretto moltissimi avvocati specializzati in alcuni settori, si pensi al Penale, ad ampliare i settori di riferimento e a trattare più campi del Diritto, come ad esempio il Tributario.
Essere donna in un mondo professionale perlopiù maschile l’ha in qualche modo penalizzata?
Ho sempre cercato di vedere il lato positivo delle cose, non ho mai permesso a me stessa di focalizzarmi sulla minoranza di avvocati di genere femminile per non incorrere nel pensiero di dover dimostrare qualcosa in più rispetto agli uomini. Non è, di fatto, un mistero che vi sia ancora un certo alone di scetticismo in alcuni settori della professione e che si debba applicare una maggiore decisione affinché si rispetti il ruolo di legale che ricopriamo noi donne.
Ritengo che comunque non mi abbia penalizzato essere una donna avvocato in un mondo in prevalenza maschile, ho sempre cercato di seguire la mia strada e di perseguire i miei obiettivi. Gli ostacoli esistono da sempre, ma sono fatti per essere superati.
Crede che ci sia ancora un gender gap da superare? Come?
Sì, assolutamente! Questa disparità di trattamento esiste e permane come un pregiudizio ancorato alla nostra società da sempre. È molto triste, nel 2021, con tutte le nuove consapevolezze acquisite, con l’ampliamento dei diritti per cui stiamo giustamente lottando, che si debba anche lottare per giungere ad una parità di trattamento o, in altri ambiti, ad una parità di salario. Come se le donne dovessero dimostrare di meritare il ruolo che ricoprono, come se non fosse dovuto in base alle proprie capacità e all’esperienza, come se non fosse naturale che una donna ricopra determinati ruoli professionali.
Bisognerebbe forse abolire il modo di pensare alla figura femminile come ad un’appendice dell’uomo lavoratore, si tratta di un bias cognitivo che lede i diritti e la dignità di tantissime donne nel mondo. Per risolvere il problema dovremmo all’unanimità ammettere di avere un problema, innanzitutto.
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