Con una recente sentenza, il Tribunale di Milano ha fornito ulteriore linfa giurisprudenziale al complesso istituto dell’esdebitazione del fallito “persona fisica”.
Il Tribunale si è così pronunciato: “Se è vero che per le procedure di reclamo relative a procedure concorsuali anteriori alla riforma, in assenza di comunicazione di avvenuto deposito del provvedimento di chiusura del fallimento trovava applicazione la regola generale di cui all’art. 327 c.p.c., in base alla formulazione dell’art. 119 l.fall. attualmente vigente, trova oggi piena applicazione la disciplina processuale di cui all’art. 26 l.fall., secondo cui soccorre in ogni caso il termine perentorio di 90 giorni al fine di sancire la definitività del provvedimento non impugnato, pur se non comunicato”.
Come noto, l’esdebitazione è un beneficio che consente al fallito di liberarsi definitivamente dei debiti concorsuali (e non, purché anteriori alla declaratoria di fallimento) rimasti insoddisfatti all’interno della procedura fallimentare ma a determinate – e parecchio stringenti – condizioni.
Il relativo procedimento può essere instaurato ex officio oppure mediante il deposito, da parte dell’imprenditore, di apposito ricorso avanti al tribunale ove è stato dichiarato il fallimento entro un anno dalla data di pubblicazione del decreto di chiusura del Fallimento che lo ha coinvolto.
Nel caso di specie, il tribunale non ha provveduto a notificare formalmente il decreto di chiusura al fallito nei modi previsti dall’art. 17 L.F.
Ed è qui che entra in gioco il sopracitato art. 327 c.p.c., il quale dispone che “indipendentemente dalla notificazione, l’appello, il ricorso per cassazione e la revocazione per i motivi indicati nei numeri 4 e 5 dell’articolo 395 non possono proporsi dopo decorsi sei mesi dalla pubblicazione della sentenza”.
Il Giudicante ha ripreso un principio su cui si era già espressa la Suprema Corte di Cassazione, a mente del quale “il termine di 90 gg. dalla pubblicazione previsto dall’art. 26, comma quarto, I.fall., individua infatti il momento finale oltre il quale non è più proponibile il reclamo, operando – come dispone la norma – indipendentemente dalla notificazione, dalla comunicazione o dall’osservanza delle forme di pubblicità disposte dal giudice. Tale disposizione ha il carattere di norma di chiusura che svolge una funzione acceleratoria della definizione del fallimento, impedendo che le parti possano beneficiare del più lungo termine (annuale o semestrale) ai sensi dell’art. 327 c.p.c., come invece ritenuto nel regime anteriore alla riforma fallimentare, così prolungando irragionevolmente la pendenza della procedura concorsuale” (Cass. Civ., sez. II, n. 25898, 2 settembre 2022).
Dato atto che il provvedimento di chiusura del fallimento è stato depositato in cancelleria e pubblicato presso il Registro delle Imprese rispettivamente il 26-27.04.2021 ed il ricorso è stato depositato dal – ormai ex – fallito il 22.09.2022, il termine di 90 giorni decorrenti dal deposito del provvedimento in Cancelleria è trascorso in data 26.07.2021: da tale momento, il termine di un anno utile per proporre ricorso ex art. 142 L.F., è trascorso in data 26.09.2022, compresa la sospensione feriale dei termini per gli anni 2021 e 2022 (stante la natura tassativa dei casi di esclusione di cui all’art. 3 della L. n. 742/1969, richiamante l’art. 92 dell’ordinamento giudiziario, tra i quali, però, non è ricompreso il procedimento di esdebitazione).
Siccome il ricorso è stato depositato in data 22.09.2022, il Tribunale di Milano lo ha ritenuto tempestivo, e quindi meritevole di essere esaminato nel merito.
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