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Nota a Trib. Frosinone, 8 marzo 2022.

di Antonio Zurlo

 

Il giudice frusinate, in apertura, rileva come sia da considerarsi un principio generale quello per cui un negozio di cessione, per essere opponibile, debba contenere gli elementi minimi necessari alla cognizione del debitore, circa la modificazione dal lato attivo dell’obbligazione contratta; a tal riguardo, tali elementi possono ricavarsi dal solo contratto di cessione, non essendo, tuttavia, necessaria o rilevante la sua accettazione. Di talché, la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’avvenuta cessione esonera la cessionaria dalla notificazione al debitore ceduto, ma non dalla prova dell’esistenza della cessione stessa, in quanto una cosa è l’avviso della cessione un’altra è la prova della sua esistenza e del suo specifico contenuto[1]. Allegare la copia dalla pubblicazione nella G.U. non è sufficiente a provare l’avvenuta cessione di quello specifico credito[2]. Tale prova è imprescindibile, poiché il soggetto che si afferma successore della parte originaria ha l’onere di fornire la prova documentale della propria legittimazione (nel caso di specie, dell’effettività della cessione)[3].

Ciò premesso, in materia di cessioni ex art. 58 TUB, se è vero che il mero fatto della cessione di crediti in blocco non è in sè sufficiente ad attestare che anche il credito oggetto di causa sia compreso tra quelli che sono stati oggetto di cessione (il che costituisce onere probatorio a carico della creditrice-cessionaria, per cui “la parte che agisca affermandosi successore a titolo particolare della parte creditrice originaria, in virtù di un’operazione di cessione in blocco D.Lgs. n. 385 del 1998 ex art. 58, ha l’onere di dimostrare l’inclusione del credito oggetto di causa nell’operazione di cessione in blocco, in tal modo fornendo la prova documentale della propria legittimazione sostanziale, a meno che il resistente non l’abbia esplicitamente o implicitamente riconosciuta”)[4], è, del pari, veritiero che “In tema di cessione in blocco dei crediti da parte di una banca, è sufficiente a dimostrare la titolarità del credito in capo al cessionario la produzione dell’avviso di pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale recante l’indicazione per categorie dei rapporti ceduti in blocco, senza che occorra una specifica enumerazione di ciascuno di essi, allorché gli elementi comuni presi in considerazione per la formazione delle singole categorie consentano di individuare senza incertezze i rapporti oggetto della cessione[5].

In definitiva, si può sostenere che, per dimostrare di essere titolare del rapporto, la prova primaria è costituita dal contratto di cessione, da cui si possa ricavare che lo specifico credito azionato sia stato effettivamente e inequivocabilmente cartolarizzato; a questa può, in subordine, sopperirsi con la dimostrazione che il singolo credito ceduto integri tutti i requisiti e rientri in tutti i criteri indicati nell’estratto di cessione, pubblicato in G.U.

Sul punto, si è pronunciata, reiteratamente, la giurisprudenza di merito, andando a costituire due distinti orientamenti:

  • da un lato, alcuni giudici hanno ritenuto che la Gazzetta Ufficiale non sia sufficiente e che la prova dell’avvenuta cessione possa essere fornita solo con la produzione del contratto di cessione o, in alternativa, con una dichiarazione scritta e dettagliata firmata dalla cedente, nella quale si dia atto della cartolarizzazione di quella specifica posizione debitoria;
  • altri giudicanti, per converso, facendo leva sulla lettera dell’art. 4 l. n. 130/1999, che richiama l’art. 58 TUB, hanno sostenuto che la prova della titolarità del credito sia compiutamente fornita solo con la produzione in giudizio dell’estratto della Gazzetta Ufficiale[6].

È rimesso, quindi, all’apprezzamento del singolo giudice valutare, caso per caso, quali siano gli elementi in grado di fondare il convincimento in merito alla effettiva (e comprovata) titolarità del credito, in capo alla società veicolo – cessionaria: l’estratto della G.U., se dettagliato; la rispondenza delle caratteristiche del credito ai criteri della G.U.; il contratto di cessione, che sia in originale o meno.

Nel caso di specie, la società opposta ha prodotto in giudizio esclusivamente l’estratto della G.U., relativamente al contratto di cessione di rapporti giuridici in blocco, da cui emerge la cessione, nell’ambito di un’operazione di cartolarizzazione di crediti, di “crediti pecuniari … individuati nel documento di identificazione dei crediti allegato al Contratto di Cessione e derivanti da finanziamenti ipotecari e chirografari, in parte originati da terzi danti causa e classificati come deteriorati in conformità alla circolare di Banca d’Italia n. 272 del 30 luglio 2008, come successivamente modificata e/o integrata (Matrice dei Conti), erogati in varie forme tecniche nel periodo intercorrente tra il 1972 ed il 2019 (collettivamente, i “Crediti”)”. In virtù di tale cessione, la cessionaria è stata incaricata di riscuotere detti crediti, procedendo all’incasso e al recupero delle somme dovute in relazione al portafoglio di crediti ceduti dalla società cedente e delle garanzie e dei privilegi che li assistono e garantiscono.

Nell’estratto della Gazzetta Ufficiale prodotto non veniva, quindi, individuata, nello specifico, la tipologia di crediti ricompresi nel contratto di cessione (ad esempio analizzandone le caratteristiche al fine di delinearli nel modo più preciso possibile), né, tantomeno, venivano utilizzati termini onnicomprensivi (quale, ad esempio, la locuzione “tutti i crediti”). Del pari, a giudizio del Tribunale frusinate, non possono assumere neppure valore dirimente, ai fini dell’individuazione dei dati indicativi dei crediti ricompresi nella cessione, l’indicazione del periodo temporale (compreso tra l’anno 1972 ed il 2019) o il mero rinvio alla pagina web della cessionaria.

Si deve, difatti, precisare che “in tema di cessione di crediti, la legittimazione attiva del soggetto che assume, quale cessionario, la titolarità del credito può essere affermata solo quando la comunicazione pubblicata nella Gazzetta Ufficiale indichi senza incertezze o dubbi di sorta quali siano i crediti inclusi o esclusi dall’ambito della cessione[7]; nel caso di specie, l’avviso non appare sufficientemente chiaro e determinato quanto agli elementi identificativi del credito.

Peraltro, oltre all’estratto, null’altro era stato allegato dall’opposta, né una dichiarazione del cedente (attestante la presenza tra i crediti ceduti di quello azionato), né, tantomeno, il contratto di cessione (con l’estratto da cui risultino le posizioni creditorie vantate dalla Banca cedente nei confronti del debitore ceduto).

Nella fattispecie in esame, avendo la debitrice fondato la propria opposizione solo sul difetto di titolarità e non avendo la creditrice dimostrato l’esistenza di valide cessioni del credito originario, il Tribunale di Frosinone ritiene sufficientemente comprovato il fumus boni iuris, in merito al difetto di prova della legittimazione, conseguendone la sussistenza dei gravi motivi, ex art. 624 c.p.c., per la sospensione della procedura esecutiva.

 

 

Qui l’ordinanza.

[1] Cfr. Cass. Civ., Sez. III, 13.09.2018, n. 22268.

[2] Cfr. Cass. Civ., 31.01.2019, n. 2780.

[3] Cfr. Cass. Civ., 02.03.2016, n. 4116.

[4] V. Cass. n. 4116/2016; Cass. Civ., Sez. VI, 05.11.2020, n. 24798.

[5] Così, Cass. Civ., Sez. III, 13.06.2019, n. 15884; Cass. Civ., Sez. V, n. 31118/2017; Cass. Civ., Sez. III, n. 15884/2019; Cass. civ., Sez. III, n. 17.10.2019; Trib. Ragusa, 18.01.2019, n. 68.

[6] Cfr. Trib. Cuneo, 11.05.2018, n. 387, che ha ritenuto sufficiente la G.U., in un caso nel quale, però, era stato anche prodotto il contratto di cessione; Trib. Pavia, 01.02.2019, n. 184, secondo cui la normativa non prevede l’indicazione specifica nell’avviso di cessione e, quindi, in materia di cartolarizzazioni non sarebbe necessaria né la notifica al debitore, né l’individuazione del singolo rapporto di credito in base ai criteri pubblicati in Gazzetta Ufficiale.

[7] Cfr. Trib. Prato, Sez. I, 25.05.2021, n. 386.

 

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