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Le riviste di architettura di interni presentano spesso servizi su ex capannoni trasformati in alloggi di charme. Nella grande maggioranza dei casi, quando la pubblicazione è italiana, si tratta di immobili che fanno tanto New York ma si trovano a Milano, quasi sempre nelle aree ex industriali. Da quando però si è scoperto che oltre al glamour che possono offrire a un single o al massimo a una coppia (perlomeno finché funziona) i loft presentano anche problemi non da poco la corsa all’acquisto che si registrava a inizio millennio nella nostra città è rallentata, anche se c’è ancora una domanda interessata. E in prospettiva la richiesta potrebbe aumentare, perché il «decreto Salvacasa» ora in conversione parlamentare potrebbe ampliare le norme sui cambi di destinazione, agevolando da un punto di vista burocratico (anche se certamente con costi importanti da sostenere per le proprietà) il passaggio da immobile strumentale a immobile residenziale.

Scattiamo una fotografia attuale della situazione con l’aiuto del notaio milanese Filippo Salvo: «I loft in vendita sono o di categoria catastale C3, quindi a destinazione produttiva, artigianale, commerciale, o di una categoria catastale A, ovvero residenziale (solo la A10 identifica gli uffici). Nel primo caso non ci sono particolari problemi per l’acquisto purché l’acquirente abbia ben presente che non sta comprando una casa, non potrà avere la residenza nell’immobile e non avrà diritto alle agevolazioni prima casa. Se invece l’immobile è già accatastato come abitazione il discorso si fa più complesso perché bisogna valutare come è avvenuto a suo tempo il cambio di destinazione. Per questo il mio consiglio è quello di chiedere preliminarmente a un professionista di accedere agli atti riguardanti l’immobile per verificare se il cambio di destinazione è stato effettuato senza opere e quindi senza pagamento di oneri al Comune, oppure se la modifica è avvenuta con opere e oneri». 

Non è una differenza di poco conto, come spiega ancora il notaio Salvo: «Il cambio senza opere presuppone che l’immobile avesse prima dell’accatastamento come residenza già tutte le caratteristiche, come il rapporto tra superficie finestrata e superficie di pavimento, atte a consentire la permanenza di persone. E anche se così fosse una qualsiasi modifica dell’immobile da parte dell’acquirente comporterebbe comunque il pagamento degli oneri non versati dal precedente proprietario. Se invece il cambio di destinazione è avvenuto con opere e oneri, si tratta di una normale transazione su immobile residenziale, senza particolari criticità.
La pratica urbanistica presso il Comune prevede la relazione di un tecnico che assevera la situazione legittima della unità variata, ma poi se il Comune sospende o vuole altre documentazioni lo si controlla solo attraverso un accesso agli atti, anche se richiede altri oneri. Sono controlli che richiedono, oltre a una parcella supplementare per il tecnico che esegue la perizia, tempo (di base un mese) e pazienza, di cui gli acquirenti non sempre dispongono perché hanno già fissato traslochi, e lavori e spostare la data del rogito crea disagi».

Il notaio Salvo cita i problemi fiscali comportati dall’acquisto di un immobile C3. Li riassumiamo. Le imposte sono molto più alte rispetto a quelle di una prima casa. Se si compra da privato la base imponibile non è il valore catastale ma il prezzo reale e l’imposta di registro è del 9% anziché del 2%. Peggio ancora se a vendere è un’impresa in regime di Iva: l’imposta, calcolata sempre sul prezzo reale, è del 22% e non del 4% come per le prime case. Inoltre, il mutuo non residenziale costa di più e non dà diritto alla detrazione degli interessi, non c’è esenzione da Imu e non si ha diritto alle tariffe prima casa per l’elettricità (problema quest’ultimo, parzialmente superato con la liberalizzazione delle tariffe).

Inoltre molta attenzione va data al prezzo di vendita: non ha senso pagare un magazzino come se fosse un appartamento ed è meglio non fidarsi di assicurazioni sulla possibilità di un agevole cambio di destinazione una volta acquistato l’immobile, non fosse altro per il fatto che come abbiamo visto al rogito si pagano più tasse e dopo, ammesso che le assicurazioni del venditore siano fondate, bisogna pagare parcelle dei professionisti e oneri. Tutto questo ha senso solo se il prezzo è molto scontato rispetto a quello di una residenza. Guardando agli annunci presenti sui portali si trovano immobili C3 venduti come se fossero case di lusso. Certo poi devono trovare anche l’acquirente, ma i gusti sono gusti.

E se anche se il prezzo di un C3 è in linea con quelli di un magazzino e non di una casa meglio valutare a quali scopi era destinato a suo tempo l’immobile se si ha in mente di cambiare destinazione. Ad esempio se si compra un capannone un tempo occupato da una carrozzeria sarà necessario, prima di cambiare destinazione, valutare se il sottosuolo non sia impregnato di vernici tossiche. Forse però in un caso come questo sarebbe meglio evitare del tutto di comprare anche se non si vuole chiedere la trasformazione in residenza.

 

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