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Con l’ordinanza 21039 pubblicata il 1 luglio 2022, la Corte di Cassazione si è nuovamente pronunciata sulla questione relativa all’opponibilità o meno al fallimento del decreto ingiuntivo non opposto, e non munito, prima della dichiarazione di fallimento, del decreto di esecutorietà ex art. 647 c.p.c.

IL CASO: La vicenda nasce dal provvedimento con il quale, nell’ambito di una procedura fallimentare, il Giudice Delegato non ammetteva al passivo il credito vantato da una società per la fornitura di prodotti alimentari eseguita in favore della società fallita.

La domanda di ammissione al passivo del fallimento veniva rigettata sia per l’inopponibilità alla curatela del decreto ingiuntivo che era stato allegato dalla creditrice e sia per la mancata produzione da parte di quest’ultima della documentazione attestante l’avvenuta consegna dei beni oggetto di cessione.

Avverso il provvedimento del Giudice Delegato, la società creditrice proponeva opposizione ai sensi dell’art. 98 della legge fallimentare, che veniva rigettata.

Il decreto ingiuntivo prodotto dalla creditrice veniva ritenuto dal Tribunale non opponibile alla procedura fallimentare in quanto privo dell’efficacia di giudicato formale e sostanziale per la mancanza della dichiarazione di esecutività ex art. 647 c.p.c.

Pertanto, la creditrice sottoponeva la questione all’esame della Corte di Cassazione deducendo, fra i vari motivi, la violazione e la falsa applicazione degli artt. 52, 92, 93 e 95 della legge fallimentare, in relazione all’art. 647 cod. proc. civ., per aver ritenuto il Tribunale il decreto ingiuntivo prodotto dalla ricorrente non opponibile alla procedura concorsuale in quanto privo del visto di esecutorietà dando valore ad un adempimento avente natura meramente formale e non preoccupandosi di considerare che al momento della dichiarazione di fallimento il provvedimento monitorio era già divenuto definitivo ed irrevocabile, per effetto del decorso del termine previsto dall’art. 641 cod. proc. civ. riconosciuto alla debitrice per proporre opposizione.

LA DECISIONE: Il motivo del ricorso è stato ritenuto inammissibile dalla Corte di Cassazione la quale nel rigettarlo ha ribadito il costante orientamento della giurisprudenza degli stessi giudici di legittimità secondo cui:

  1. in mancanza di opposizione, il decreto ingiuntivo acquista efficacia di giudicato formale e sostanziale solo nel momento in cui il giudice, dopo averne controllato la notificazione, lo dichiari esecutivo ai sensi dell’art. 647 cod. proc. civ.;

  2. il procedimento previsto dall’art. 647 cod. proc. civ, non ha funzione di mera attestazione, analoga a quella della cancelleria circa l’avvenuto passaggio in giudicato della sentenza, ma è volto allo svolgimento di un’attività, assai più penetrante, di verifica giurisdizionale della regolarità del contraddittorio, che costituisce l’ultimo atto del giudice all’interno del processo d’ingiunzione in caso di mancata opposizione ed alla quale non può surrogarsi il giudice delegato in sede di accertamento del passivo.

  3. pertanto, il decreto ingiuntivo non munito, prima della dichiarazione di fallimento, del decreto di esecutorietà non può considerarsi passato in cosa giudicata formale e sostanziale e non è, quindi, opponibile al fallimento, neanche nel caso in cui il decreto ex art.647 cod. proc. civ. venga emesso successivamente, in quanto una volta intervenuto il fallimento ogni credito deve essere accertato nel concorso dei creditori ai sensi dell’art. 52 della legge fallimentare.

 

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